8 Marzo… anche fotografia
Nell’immaginario collettivo la festa della donna è ormai dipinta come una giornata all’insegna del divertimento e della trasgressione, eppure ben pochi ricordano l’origine di tale ricorrenza.
E’ la mimosa, il fiore delle donne, che col suo colore simbolo di vitalità, gioia e forza, ci riporta a quel lontano 8 marzo 1908, quando dopo giorni di sciopero per l’ottenimento di condizioni lavorative più dignitose, 129 operaie dell’industria tessile Cotton di New York morirono nel rogo della fabbrica, appiccato dallo stesso proprietario Mr. Johnson per reprimere le proteste.
Questo è stato il primo di una lunga serie di sacrifici e lotte che le donne hanno dovuto sostenere nel corso degli anni per riuscire ad affermare i propri diritti di libertà, dignità ed emancipazione, anche se non dobbiamo dimenticare che nel mondo ci sono ancora alcune di noi che vivono in condizioni di sfruttamento e subordinazione nei confronti degli uomini.
E’ grazie a quel sangue versato che oggi possiamo ricordare e festeggiare, libere di manifestare le nostre emozioni attraverso una mostra fotografica tutta al femminile, dove si rincorrono vari temi e si celano messaggi non detti, e soprattutto dove per una volta gli uomini stanno a guardare per scoprire come si vede il mondo attraverso gli occhi di una donna. Claudia Donati
SIMONE BODDI
I colori dell’India
Spontanea ed affascinante, ma più coinvolgente di una pellicola cinematografica, è la proiezione di diapositive che ci presenta Simone Boddi sul suo più recente viaggio nel sud dell’India.
Una terra mistica che difficilmente si racconta e che l’immaginario collettivo dipinge spesso con una spiritualità quasi soprannaturale, ma l’India non è solo questo… è colore, è odore, è emozione.
E’ questo che traspare dalle immagini, dai volti dipinti che vi compaiono, dalle espressioni di quella gente che viene ritratta nella quotidianità dei mercati e del via vai cittadino: commercianti, pescatori, donne con coloratissimi sari e bambini colti nella spontaneità dei loro giochi.
Una civiltà diversa dalla nostra, ben più povera ma forte di una cultura che affonda le sue radici nell’antichità della religione indu che col suo ventaglio di divinità raggiunge l’apoteosi nella grande festa del Khumba Mela che si tiene a rotazione ogni tre anni nelle città di Allahabad, Haridwar, Nasik e Ujjain, che si dice furono bagnate dal nettare degli dei versato durante una battaglia contro i demoni.
Una folla ininterrotta di milioni di persone che giungono da ogni angolo del paese, un pellegrinaggio di dimensioni impressionanti che termina con l’immersione nel fiume per la purificazione dello spirito.
Finita la carrellata di immagini, l’autore racconta i momenti salienti del viaggio mentre i suoi occhi brillano per l’emozione, il suo cuore ed il suo occhio fotografico sono ancora là ed ogni sua espressione, ogni suo movimento trasuda dell’amore profondo che egli ha per questa terra. Claudia Donati
Il dolce still-life
In un’era di digitalizzazione si può ancora sorprendere senza l’uso del computer, è quel che ci insegna Gianni Mantovani con la sua creatività che rende ogni fotografia una singolare opera d’arte.
Di formazione artistica, nasce ed abita tuttora nel veronese dove lavora come fiorista.
Un primo sguardo alle sue creazioni ed ecco sembra impossibile che non vi sia dietro lo zampino di un programma di fotoritocco, eppure è così, solo un singolare mix di fantasia, creatività e passione.
Nelle sue immagini ricerca e sensibilità si sposano in un raffinato equilibrio compositorio ricco di significato, niente è messo lì per caso, ma ogni taglio, ogni inquadratura è frutto di un’attenta analisi introspettiva che induce l’osservatore alla riflessione.
La sua cultura artistica e la sua professione ritornano come una costante all’interno delle sue opere, per la scelta dei materiali impiegati e dei soggetti ritratti.
Bianco e nero o colori tenui che avvolgono le morbide silouette dei fiori in un malinconico abbraccio come nella serie “Evanescenze” o che fanno da sfondo alle eleganti composizioni di bottiglie nelle immagini di “Omaggio a Morandi” ispirato alle opere del celebre pittore.
Comporre, scattare e manipolare, con colori, strappi ed altri materiali fino a trasformare l’immagine in qualcosa di accattivante ed espressivo che porti l’osservatore a guardare oltre la fotografia fino a cogliere la profonda sensibilità dell’autore. Claudia Donati
Emozioni d’arte
Un artista contemporaneo davvero singolare, è così che potremo definire Mauro Amerighi, che usa sapientemente diapositive e macchina fotografica al posto di oli e pennelli.
Da sempre appassionato d’arte, ha sviluppato col tempo un occhio fotografico davvero singolare, abbandonando il concetto classico di fotografia per gettarsi in un proprio macromondo cromatico di grande carica emozionale.
Niente paesaggi e ritratti, ma una serie di affascinanti particolari nascosti, rubati durante i suoi viaggi, un concerto di colori, trame e forme che attirano l’occhio e rilassano l’anima.
Tendaggi colorati del Saharawi come sinuose pennellate su tela, quasi un vento vivace di speranza là dove deserto e povertà sono i compagni della vita.
Carene di piccole imbarcazioni siciliane, in attesa di essere levigate e riverniciate, lì dove mare e vecchiaia hanno lasciato i propri segni.
E poi porte, squarci ed intarsi che sposando le tinte più vivaci, liberano la fantasia dell’osservatore dalle prigioni della mente, rendendo il cuore leggero e capace di vedere dentro quelle immagini, rievocando l’emozione innocente di alzare gli occhi al cielo per attribuire una forma alle nuvole. Claudia Donati
Un giovane figlio d’arte
Accade spesso che un padre instradi il proprio figlio a proseguire la propria professione, senza tener conto delle sue attitudini innate e condannandolo a portare il peso del proprio cognome.
Ben diversa è la storia di Pierfrancesco Rossi, figlio di fotografo, che ancora in tenera età decise inconsciamente di camminare sulle impronte di papà, sorprendendolo con i suoi scatti fatti ai suoi compagni d’asilo… gioco innocente o vera passione fotografica? La risposta arriva crescendo.
Infatti il bambino, ormai ragazzo, riprende in mano la macchina fotografica e strappa vari premi in concorsi per giovani.
Bianco-nero statico e colore dinamico: è questo il binomio di Pierfrancesco che ci presenta, oltre al suo libro con le prime foto dell’asilo, due portfolio in stampa bianco- nero ed uno a colori.
Nel primo gruppo troviamo il lavoro sulle ombre e quello sui ricordi d’asilo, quest’ultimo fatto ‘da grande tra i piccoli’ dove il bianco-nero delle immagini ed il loro particolare taglio esprimono il desiderio irrealizzabile di tornare bambino e quindi la nostalgia dell’innocenza perduta.
Infine il portfolio a colori, che trae ispirazione da un lavoro di un veterano della fotografia, racconta i pochi minuti di vita aeroportuale dalla scesa dei passeggeri dall’aereo all’attesa del taxi.
Le immagini mosse rendono l’idea dello spostamento caotico, che raggiunge l’apice sulla porta che separa l’interno dall’esterno dell’aeroporto e dove la dominante cromatica muta dal freddo al caldo. Claudia Donati
Il Fotografo Ritrovato
Tra “Anime e pietra” ed “Anime erranti”, ecco finalmente un’anima ritrovata…
Passato totalmente al digitale e di recente alleggerito degli impegni di alto rango, ecco il ritorno di Monchi fotografo con le sue nuove produzioni: due proiezioni e tre portfolio in stampa.
Dall’oculata scelta delle immagini che si susseguono sull’evolversi della musica possiamo cogliere la pluriennale esperienza fotografica dell’autore, non un’immagine fuori posto, ma bensì due racconti organici con un preludio un apice ed una fine.
La prima, simpatica e provocatoria, riporta la cow-parade a Firenze, mentre la seconda descrive con uno sconvolgente mix di durezza e semplicità le difficoltà della vita in Armenia, la lotta per la sopravvivenza di un popolo che vuole crescere e che spera attraverso lo sguardo dei propri bambini.
Alcune delle immagini di quest’ultima proiezione sono riproposte nel portfolio stampa “Anime e pietra” frutto del viaggio in Armenia insieme ad altri tre autori, per la produzione dell’omonimo libro fotografico di recente pubblicazione.
Il secondo portfolio “Anime erranti” è frutto del fotoritocco di molteplici viaggi in Sardegna, dove i soggetti ritratti nei costumi tipici del carnevale di Mamoiada traspaiono tra le rovine delle miniere come fantasmi vaganti nei territori che li avevano visti vivere.
Infine in “Camargue” l’autore racconta la festa di Santa Sara patrona dei gitani a Les Santes Maries de la Mer, sorprendendo con riprese grandangolari dal basso, ottenute spingendosi letteralmente dentro la scena, riuscendo così a far sentire l’osservatore parte della fotografia. Claudia Donati
ICHNUSA, SA VERRA MAGICA
Sappiamo tutti che il primo amore non si scorda mai, ma anche questa seconda edizione della gita in Sardegna è stata densa di scatti, emozioni e risate degne di essere ricordate.
Mercoledì 5 ottobre.
Ritrovo al circolo alle 16.45, ma a quell’ora ero ancora al Porcellino nella speranza di vedere all’orizzonte un Ulysse grigia… un po’ di suspence ed eccola arrivare con Silvano alla guida e Paola ancora scossa dalla frenesia dei preparativi.
Partiamo anche se in cielo c’è qualche nuvola e le previsioni non sono il massimo.
Facciamo tappa a casa Sarri per caricare Franco, che questa volta invece di limitarsi a fare gufate sul tempo abbia deciso di portarsi dietro nuvole di pioggia? Speriamo di no ed incrociamo le dita!
Al circolo prendiamo Claudia (Sissi) e finalmente alle 17.20 partiamo, già in ritardo sulla tabella di marcia.
A Firenze ci raggiunge Antonio (il Principe) che con la sua Escort ha fatto da autista alle due Claudie. Si riparte alla volta di Piombino ed al porto recuperiamo l’ospite d’eccezione: Olga Micol, un’attrezzatissima fotografa triestina superdigitalizzata che ha preso posto in macchina del Presidente.
Adesso il gruppo è al completo e possiamo imbarcarci, la Linea dei Golfi – Lloyd Sardegna ci aspetta. All’interno la nave è abbastanza accogliente, ceniamo al self service e dopo il caffé ed un paio di battute usciamo sul ponte.
Sono le 22.00, ora della partenza, ma le funi ci tengono sempre agganciati all’ancora… restiamo in attesa osservando le gru che caricano e scaricano, lo sguardo fisso su quel pullulare di lucine che illuminano il porto finché vediamo uno scafo che si accosta al punto di ancoraggio… ci sono due col giubbino fluorescente, uno scende sfila la corda che ci teneva attraccati e poi se ne vanno… è la tecnologia del terzo millennio!
Finalmente si parte e dopo qualche parola tutti sotto coperta!
Giovedì 6 ottobre.
Alle 4.45 l’alto (altissimo) parlante ci fa scattare sul letto… ma non dovevamo sbarcare alle 6.00?
La vocina sintetica ci avverte che tra mezz’ora si sbarca e dobbiamo lasciare le cabine, ci vestiamo e via di nuovo in macchina. Dopo una lunga attesa finalmente mettiamo le ruote a terra… inizia l’avventura!
Breve tappa per la colazione e via verso Porto Pullo, Isola dei Gabbiani, il paradiso dei surfisti… o almeno così dovrebbe essere… invece spiaggia deserta, qualche camper parcheggiato, un cormorano che pesca a largo e nemmeno una tavolaccia da surf appoggiata sulla sabbia… sembra un film già visto ma a differenza della volta scorsa non scendiamo neppure e proseguiamo subito verso Capo Testa anche se all’orizzonte il cielo è grigio e qua e là c’è qualche nuvoletta. Il tempo non è dei migliori, ma le forme dei graniti che circondano l’antico faro sono ugualmente affascinanti e suggestive.
Dopo qualche scatto ci lasciamo alle spalle il mare dell’arcipelago della Maddalena per far rifornimento di viveri alla SISA di Arzachena, di cui ormai siamo clienti fedeli. All’ingresso l’intento era quello di acquistare un panino per il pranzo ma i dolcetti sardi hanno fatto breccia sulla nostra golosità e così per soddisfare i vari languorini siamo usciti con vere borse di spesa.
Ci lasciamo alle spalle la Gallura e partiamo alla volta della Barbagia, antica terra di banditi, il viaggio è abbastanza lungo tanto da avere il tempo di sgranocchiare quasi una confezione di barrette di cereali al cioccolato… tanto sono solo cereali…
Arriviamo ad Orgosolo, cittadina caratteristica per i suoi murales che raccontano storie di resistenza, banditismo e politica (pensate che l’autore del primo disegno fu un toscano!) Qui il cielo è azzurro, i nuvoloni bianchi e morbidi creano uno sfondo meraviglioso alle mura dipinte e così dopo aver addentato i nostri panini diamo sfogo ai nostri occhi fotografici.
C’è chi utilizza ancora reflex analogiche e pondera ogni scatto, chi tiene i piedi su due staffe e viaggia con due macchine attaccate al collo e chi è già passato completamente al digitale e scatta a raffica fendendo l’aria con uno ‘za-zac’ che ricorda un po’ il rumore delle antiche falci da fieno.
Un paio d’ore e si riparte, stavolta in direzione Cabras per far tappa a San Giovanni di Sinis e visitare l’antica chiesa bizantina.
Raggiungiamo l’hotel Sa Pedrera che ci aveva già ospitato lo scorso anno, ci sistemiamo in camera e dopo una doccia veloce siamo pronti di fronte alla sala ristorante. Sarà la levataccia del mattino, la stanchezza del viaggio ed il panino a pranzo che già sentiamo tra i denti un bel piatto di pasta fumante… ma ahimé il menù mezza pensione stasera prevede antipasto e pizza… pazienza ci adattiamo, chi più chi meno, magari mettendo alla prova la pazienza della cameriera chiedendo qualche variante…
Dolce e caffé però non ce li toglie nessuno, dopodichè decidiamo di fare un salto alla vicina spiaggia di Is Arutas… tutti e sette sull’Ulysse, le Claudie nel bagagliaio e si parte, ma arrivati conveniamo che è il caso di non avventurarci al buio a carponi tra la sabbia, perciò rientriamo in camera per scaricare le foto e dormire se il compagno di stanza non ha l’abitudine di fare rumori molesti nel sonno…
Venerdì 7 ottobre.
Non abbiamo bisogno della sveglia, basta la pioggia a far aprire gli occhi a chi ha avuto la fortuna di poterli chiudere. Colazione ore 8.20, ci fondiamo su brioche e panini, un bel caffè, qualcuno si prende una nutellina per il viaggio, da poter gustare sulla punta delle dita e via, siamo attesi alle 10.00 al centro visite del parco della Giara dei Gestori. Ci lasciamo alle spalle il grigio e la pioggia, andiamo dove ci porta il sole!
Arriviamo in leggero anticipo, la guida è già sul posto ma dobbiamo attendere che venga qualcuno a portarci le chiavi del fuoristrada. Montiamo sul Land Rover, la guida al volante, Franco copilota, Silvano ed Olga sul sedile posteriore e gli altri quattro disgraziati sul retro, due di rimpetto agli altri due con la schiena al finestrino, costretti a sballottare ad ogni buca e chissà come mai le cose da vedere erano sempre alle mie spalle!
Saliamo sull’altopiano ed entriamo dentro la Giara, parco naturale famoso per la presenza dei cavallini sardi che vivono liberi e suggestivo per le foreste di querce da sughero.
Ci muoviamo col fuoristrada e talvolta percorriamo dei tratti a piedi in quel paesaggio incontaminato e selvaggio, ma i cavallini sono schivi e sfuggono alla nostra vista al contrario di bovini, ovini e suini intenti a brucare tra i cespugli che circondano la palude. La guida ci spiega che il momento migliore per la visita è in primavera quando l’area è coperta da un bel tappeto verde con moltissimi fiori in quanto è una zona molto fertile, in effetti basta guardare a terra… un’autentica moquette di concime naturale di ogni forma e dimensione!
Sul finire della mattinata le nuvole ci raggiungono e così una leggera pioggerella ci costringe a rimontare sul Land Rover e scendere a valle con gli occhi pieni di ricordi così come le suole delle nostre scarpe!
Scendiamo nel vicino paese di Barumini per pranzare, il tempo è ancora ballerino nonostante non piova più e così decidiamo di recarci a Villamar, un altro paesino dipinto, anche se in misura minore e con meno drammaticità rispetto ad Orgosolo e che purtroppo sta subendo una radicale ristrutturazione.
Mentre girelliamo il tempo migliora, il cielo ritorna azzurro con candide nuvole bianche e quindi decidiamo di effettuare la visita guidata al villaggio nuragico Su Nuraxi, a Barumini, risalente al 13 secolo a.C.. E’ suggestivo pensare che quelle pietre, quelle cinque torri con i loro gradini sono lì da così tanti anni ed hanno visto migliaia di abitanti e visitatori.
Finita la visita ed acquistato qualche souvenir ci dirigiamo verso la spiaggia di Is Arutas, con la speranza di arrivare in tempo per ammirare il tramonto… speranza vana perché all’orizzonte il sole viene coperto da una nuvola birichina.
In compenso riusciamo a scovare uno stormo di decine e decine di fenicotteri adulti con giovani al primo anno intenti a guadare in uno stagno vicino, uno spettacolo per i miei occhi anche se la fievole luce del crepuscolo non ha permesso scatti di qualità.
Rientriamo in hotel e l’amico e fotografo Giuseppe Frau ci raggiunge per la cena. Questa sera la pasta diventa una realtà: penne alle cozze e garganelli ai funghi! A seguire frittura di pesce con patatine, dolce e caffé.
La stanchezza della giornata, il pensiero di quello che ci avrebbe atteso all’indomani e l’ora tarda implicavano l’urgenza immediata di un letto, ma il trio della Escort riparte alla volta di Oristano.
Ci prendiamo qualcosa da bere in un pub mentre varie voci si susseguono sulle note assordanti del karaoke, è già tardi e sarebbe ora di tornare in hotel, tanto in pochi minuti arriviamo… prima di fare certe affermazioni è bene mordersi la lingua… infatti le vie da cui eravamo arrivati erano sensi unici e così per rientrare sulla strada principale ci abbiamo messo una vita, inoltre siamo stati fermati dalla polizia stradale (ci fermano ad ogni gita… ma cosa ci abbiamo scritto in fronte?!) che ci ha dato indicazioni per ritornare sulla retta via, ma gira e rifrulla eravamo sempre dentro ad Oristano… stavamo forse girando in tondo? Finalmente sembra di aver preso la strada giusta… svoltiamo per S. Giovanni in Sinis e poi dritto, ma questa diritta non finisce mai… forse perché andiamo lentamente o forse perché dietro a Silvano la percorriamo in velocità? Così a poche decine di metri dall’arrivo torniamo indietro perché probabilmente abbiamo già oltrepassato l’hotel, ma arrivati di nuovo allo svincolo ci rendiamo conto che invece quella era la giusta strada e quindi dietrofront!
Sabato 8 ottobre.
Indubbiamente la giornata più lunga, i reduci dello scorso anno sanno già cosa ci attende…
Colazione ore 8.30 e dopo aver imbottito qualche panino per il pranzo e fatto razzia di quanto potevamo portar via dal nostro tavolo della colazione si parte per la giornata safari!
Il sole splende. Costeggiamo lo stagno di Santa Giusta, oltrepassiamo Arborea fino a giungere a Marceddì, borgo di pescatori, dove attraversiamo lo strettissimo ponte dell’Enel per scendere a Sant’Antonio di Santadi e fare qualche scatto tra le casette sul mare.
Proseguiamo verso la Costa Verde dove il paesaggio selvaggio riempie gli occhi di una poesia indescrivibile: sabbia bianca, mare azzurro e macchia mediterranea tutt’intorno. Imbocchiamo un sentiero che ci porta al fiume rosso che deve questa colorazione alle antiche miniere di ferro… uno spettacolo irreale per chi lo ammira per la prima volta. Guadiamo il corso d’acqua e proseguiamo per la collina fino ad arrivare alla spiaggia di Piscinas circondata da dune di sabbia bianca e finissima modellata dal vento… và che roba!
Parcheggiamo e ci fermiamo due minuti per il pranzo, attraversiamo la passerella che porta al chioschettino solitario di quella immensa spiaggia dove prendiamo un caffé prima di riprendere a scattare sotto il sole cocente.
Quest’anno vista l’età media degli ospiti, non è il caso di fare un workshop di nudo dietro le docce… però qualcuno non rinuncia a farsi immortalare col sedere all’insù mentre si stende sulla sabbia per catturare la bellezza del paesaggio!
Basta con gli atti osceni in luogo deserto… il viaggio prosegue verso Naracauli, antico villaggio minerario abbandonato ed ormai in decadimento. Silenzio, solo una brezza leggera che fa frusciare le foglie, un campanaccio al collo di una capra, poi qualche belato… ci disperdiamo tra quelle rovine così suggestive ed al contempo attraenti, come stregati dal mistero che esse custodiscono da così tanti anni.
Un pastore arriva per richiamare il suo gregge, urla qualcosa in sardo che non comprendiamo… passa anche un’auto con una coppia di turisti tedeschi, che vendendoci, pianta la macchina in mezzo alla carreggiata per fare foto dove le facciamo noi… è ora di tornare alla realtà, anche perché scatta scatta… qualcuno ha bisogno di scaricare le foto!
Iniziamo il viaggio di rientro, attraversando Ingurtosu per far tappa a Portixeddu, dove sostiamo qualche minuto per ricaricarci: c’è chi ha bisogno di sdraiarsi un attimo, chi di un caffé shakerato (che purtroppo non era paradisiaco come quello dello scorso anno) e chi invece di energia elettrica… infatti a forza di ‘za-zac’ le batterie fanno ciao!
Scaricato e caricato siamo pronti per rimetterci in marcia, direzione Masua dove poter ammirare la roccia del Pan di Zucchero di fronte alla miniera di Porto Flavia, dopodichè proseguiamo per aspettare il tramonto sulla terrazza naturale di Nebida… pronti per rifarci della delusione dello scorso anno quando la foschia ci rovinò lo spettacolo.
Stavolta il cielo promette abbastanza bene, c’è qualche nuvoletta in giro… ma sarà che vada ad infilarsi proprio lì nel mezzo quando il sole sposa le acque? Siamo fiduciosi, ma sfortunati anche… mancano pochi minuti, il sole è già una pallina rossa fuoco quando viene avvolta da una simpatica nuvoletta che deve aver letto sul nostro programma che sul Golfo del Leone è possibile ammirare un tramonto mozzafiato!
E’ già tardi e dobbiamo rientrare alla base, fuori inizia a farsi buio, ma ciò nonostante qualcuno continua a scattare dall’auto in corsa senza abbassare i finestrini… i miracoli del digitale!
La strada è lunga, iniziamo ad essere stanchi, la curva dell’attenzione ha già sfondato il limite minimo e così ad Oristano ci perdiamo in un intrigo di strade, stradine e sensi unici che finiamo per passare e ripassare sempre dallo stresso punto… ma stiamo di nuovo girando in tondo oppure Oristano è costruito su un circuito di formula uno? Vista l’ora è meglio chiamare Frau perché ci sfreni da questa matassa e l’hotel perché ci attendano per la cena!
Finalmente verso le 22.00 arriviamo all’albergo ed irrompiamo nella sala ristorante così come scendiamo dall’auto, la fame è l’esigenza primaria… ci laveremo dopo!
Nell’attesa delle pietanze sgranocchiamo un po’ di pane carasau e iniziamo a scaricarci in un susseguirsi di battute e risate. Arrivano i primi: Fregola con arselle e trofie al cinghiale, a seguire grigliata di pesce e verdure in pinzimonio, poi crema catalana e caffè per tutti!
A tavola c’è un clima di ilarità tale che sul finire della cena ci contorciamo per non piangere mentre qualcuno ci mostra come gustare il pinzimonio: afferrare il ravanello (piccolo, grande, fresco o legnoso è indifferente) per le foglioline, addentare metà radice, metterci il sale e poi tutto in bocca… tanto nello stomaco c’è buio…
Usciamo dal ristorante ridendo e mentre ci incamminiamo verso le camere scopro in alto sul muro un geco con una falena in bocca… stupendo! Iniziamo tutti a far foto ed il povero animaletto si ritrova in una discoteca di luci lampeggianti verdi, bianche e rosse dei nostri flash che lo illuminano ripetutamente. Silvano mi prende pure sulle spalle per avvicinare meglio il soggetto ed Olga insiste per montare il suo potentissimo flash sulla mia macchina… una scena da Mission Impossibile!!!
E’ quasi mezzanotte… una doccia e poi il meritato riposo!
Domenica 9 ottobre.
Purtroppo è l’ultimo giorno, ci svegliamo già con un senso di tristezza, che però non ci blocca certo l’appetito… ore 8.30 abbondante colazione in hotel ed assalto ai panini per il pranzo, poi carichiamo i bagagli e via alla volta di Bosa, una cittadina adagiata sul fondo valle poco distante dal mare, dominata dal castello di Malaspina intorno al quale si stringe il borgo medioevale che scende fino alla sponda del fiume Temo . C’è anche Frau ed un suo collaboratore con noi.
Oltrepassiamo a piedi il ponte quando un cormorano passa a pelo d’acqua sotto di noi… ci sperdiamo per le vie del centro, qualcuno è alla disperata ricerca dei francobolli… forse qui le cartoline le spediscono coi piccioni viaggiatori!
La cittadina è carina, ma abbiamo gli occhi ancora straripanti delle bellezze naturali del giorno precedente e quindi dopo un breve giro del centro salutiamo Frau e proseguiamo verso Alghero.
Parcheggiamo lungo un vialetto alberato, facciamo fuori gli ultimi panini dell’hotel, dopodichè di nuovo pronti per scattare!
La città fortificata, che si affaccia sul mare con un ampio porto, fu costruita dai genovesi Doria per poi venir conquistata dai catalano-aragonesi. L’influsso catalano rimane tutt’ora nella lingua parlata e nei nomi delle viuzze che appaiono scritti in doppia lingua: italiano e catalano.
Tra mille scatti ci facciamo una foto ricordo dopodichè è già ora di incamminarsi verso Olbia per non ripetere le corse dell’anno precedente.
Arriviamo presto al posto tanto che abbiamo persino il tempo di fare qualche acquisto e non tornare di nuovo a casa a mani vuote… pena il linciaggio da parte dei parenti!
Sorridiamo al pensiero della scorsa fuga e qualcuno dice che a questo giro è andato tutto liscio… ultime parole famose…
Attraccata al porto c’è una bellissima nave da crociera, dall’altro lato una coloratissima Moby Freedom con i personaggi della Warner Bross che fanno impazzire i nostri cuori di bambini… tra le due c’è una barchetta da carico… con profondo sconforto leggiamo: Llyod Sardegna… è la nostra…
Ci mettiamo in fila per l’imbarco e aspetta aspetta facciamo le 19.50… ma non dovevamo partire alle 20.15? Dopo un paio di falsi allarmi finalmente si decidono ad aprire il portellone, mettiamo in moto, ma ahimé noi piccole formichine dobbiamo dare precedenza ad autotreni, camion e camper.
Finalmente è il nostro turno, posteggiamo all’aperto tra quei giganti di ferro. Da fuori la nave sembra più piccola di quella dell’andata e più spartana, ma entrati dentro ci accorgiamo che è proprio fatiscente!
C’è un caldo esagerato… forse non conoscono l’aria condizionata o vanno a risparmio? Ci danno la chiave delle cabine che ci dicono sono situate due piani sotto di noi… ci hanno messo nella stiva! Scendiamo la prima rampa di scale e già l’aria si fa più pesante, la seconda è stretta la metà della prima… un claustrofobo sarebbe impazzito all’istante.
Le persone che arrivano sono tantissime… ci sarà aria vitale per tutti? E da mangiare? Mossi dal richiamo dello stomaco corriamo al self service dove la gente si stava già accalcando… peggio di una mensa scolastica! Meno male che però c’è un punto internet dove potersi collegare col portatile!
La prendiamo sul ridere (per non piangere) anche se qualcuno non è del solito avviso e si ritira subito in cabina pronto a dar battaglia. Ci imbacucchiamo e proviamo ad uscire sul ponte a prendere un po’ d’aria ma il vento, l’umidità e l’odore di nafta ci convincono a rientrare e dopo qualche chiacchiera tutti nella stiva!
Lunedì 10 ottobre
Meno male che esistono i cellulari perché non sentiamo la sveglia umana che bussa di cabina in cabina per dirci che sono le 5.30 ed è già ora di sbarcare.
Siamo già a Piombino e fuori è buio pesto, ci fermiamo per la colazione, salutiamo Olga e via verso casa… ancora nei nostri neuroni ci sono le immagini della Sardegna, basta chiudere gli occhi per essere di nuovo là…
Pian piano inizia a farsi vedere il chiarore dell’alba e a Firenze salutiamo Antonio per proseguire verso il Valdarno dove siamo accolti da una fitta coltre di nebbia grigia… siamo di nuovo a casa! Claudia
Neosocio in mostra
Solitamente coloro che si avvicinano ad un circolo fotografico, ci mettono del tempo per prendere il coraggio a quattro mani ed imporsi come protagonista di una serata, ad invalidare la regola è Stefano Tapinassi che è diventato socio per poter vedere un’intera sala tappezzata con le sue foto.
Il gran sogno si è avverato e grazie alla complicità di qualche veterano, il meritevole neo associato ha potuto presentare le sue immagini, raccolte in vari anni, durante diversi viaggi all’estero: Giordania, Egitto, Maldive ed altri posti dove corrono i desideri dell’immaginario collettivo.
Paesaggi, particolari e pochissimi volti: dichiara di non sentirsi a proprio agio Stefano nel ritrarre gli indigeni, quasi come rubare loro qualcosa e perciò lo fa solo in seguito ad approcci amichevoli.
Per un ritrattista questa affermazione potrebbe suonare quasi eretica, tuttavia se è vero che la fotografia è un mezzo d’espressione personale, è giusto che dopo aver fatto le dovute esperienze, ognuno continui a perseguire il genere per lui più piacevole.
Un insieme variegato di immagini, nato dalla semplice selezione dei migliori scatti di ciascun viaggio, per un primo esordio complessivamente di buon livello, che alimentato dalla frequentazione dell’ambiente fotografico sarà la promessa per una nuova prossima mostra. Claudia Donati
Raccontando la Cina
Un giro a trecentosessanta gradi è quello che ci propone Luciano Cardonati attraverso i suoi appunti di viaggio in una terra affascinante, ma ancora poco famosa dal punto di vista fotografico: la Cina.
Se è evidente che tutti i cinesi sono uguali, lo stesso non si può dire della loro patria che fornisce una variabilità di scorci fotografici degni di nota, che l’autore ha colto con maestria e presentato attraverso stampe a colori, in bianco e nero ed una proiezione digitale.
Il nostro viaggio inizia a Pechino, capitale settentrionale, imponente per le sue costruzioni, tra cui Piazza Tian’anmen, la più grande al mondo, dove sorge il Mausoleo di Mao e l’antica Grande Muraglia, oggi restaurata ed unica opera umana visibile dallo spazio.
Ma la grandezza non è solo nelle dimensioni, bensì nel fascino della Città Proibita, una sorta di città nella città, che custodisce i tesori del Palazzo Imperiale ed i giardini del Palazzo d’Estate.
Si prosegue per Xi’an, antica capitale e punto di arrivo della Via della Seta. Qui si trova l’ottava meraviglia del mondo: l’Esercito di Terracotta, composto da statue interrate di guerrieri e cavalli a grandezza naturale disposti in ordine di marcia a guardia della Tomba del primo imperatore cinese.
Ma la Cina è anche natura, e Guilin ci sorprende con i suoi paesaggi quasi fantastici: parchi, grotte ed il fiume Li che scorre tra suggestive colline calcaree ed alti dirupi, in un’atmosfera quasi lunare.
Ed eccoci di nuovo tra storia e modernità, in un turbinio di sensazioni che si chiama Shanghai, per concludere questo viaggio immaginario fatto di foto e racconti e poter dire “Ho visto la Cina”. Claudia Donati
Tanzania
Una serata di fotografia ed emozioni, efficacemente introdotta da Gianni Martini, che ci presenta il Gruppo PH6 con la loro ultima mostra fotografica e videoproiezione sulla Tanzania.
Il lavoro nasce a seguito di un viaggio che gli autori hanno avuto occasione di fare in questo stato africano, grazie ad un amico geologo collaboratore del CPPS Water Project, che si occupa di costruire pozzi per l’approvvigionamento di acqua per uso alimentare e igienico nei vari villaggi.
Una mostra essenziale ed efficace, curata dallo scatto alla stampa, composta da una serie di immagini in bianco e nero, ognuna delle quali racconta una singola realtà di vita: persone che abitano villaggi sperduti nella steppa, con e senza pozzi per l’acqua, e fanno chilometri per lavorare, andare a scuola, a prendere l’acqua o al dispensario, bimbi malati di aids che vivono negli orfanotrofi o in case famiglia e che frequentano la scuola con entusiasmo insieme ai compagni.
Un lavoro che non vuole essere né un semplice racconto di viaggio e neppure un documentario, ma bensì una raccolta di incontri, di sensazioni, per sensibilizzare il pubblico di fronte a questa realtà, cui spesso non pensiamo perchè lontana da noi, o che talvolta non vogliamo vedere rifugiandoci nei nostri falsi problemi e frequentando solo i bei paradisi turistici, dove non ci si preoccupa di chi ogni giorno lotta per guadagnarsi da vivere in un paese dove ancora oggi si muore di lebbra ed aids. Claudia Donati 09.05.08
Creatività
Fotografo o artista? E’ difficile definire con una singola parola la straordinarietà di Ivano Bolondi, tipo di poche parole, dotato di grande sensibilità e acuto osservatore, tanto da riuscire a vedere quello che gli altri non vedono.
Non è un oratore che tesse le proprie lodi, come ci si attenderebbe da uno dei maggiori fotografi italiani che ha alle spalle diverse pubblicazioni fotografiche, ma si emoziona ancora ad ogni scatto e si espone alle domande del pubblico, dando spiegazioni sul suo modo di fotografare, sulla sua ricerca dell’immagine, di una fotografia diversa, la cui bellezza non è dovuta al soggetto, ma bensì alla sapiente combinazione di luci, colori e tecnica fotografica che riescono a creare una sensazione particolare in chi osserva, insegnandogli a guardare al di là del proprio naso.
Stasera l’autore ci mostra due audiovisivi di diapositive in dissolvenza, montati in collaborazione con la moglie, sua unica accompagnatrice nei viaggi da cui traggono origine i suoi lavori.
Si comincia con “Io e il Madagascar” dove le presenze umane si sposano con l’ambiente circostante in un’avvolgente atmosfera di bellezza ed avventura, per poi passare a “Tracce nel nulla” dove le sinuose dune calde e la sabbia dispersa dal vento del deserto libico fanno da sfondo alle parole di A. France: “Il Nulla è un infinito che ci avvolge: veniamo di là, e là torneremo”. Claudia Donati 11.04.08
India: Appunti di Viaggio
Una nuova serata alla scoperta delle meraviglie dell’oriente, in compagnia di Luciano Cardonati, che attraverso una serie di immagini ed una proiezione digitale, ci porta in India: una terra densa di colori e sguardi, di meraviglie e miseria, un mondo che si ama o si odia, senza mezze misure.
Il viaggio parte da Nuova Dehli, per proseguire verso Jaipur, la capitale del Rajasthan, soprannominata “Città rosa” per il colore, simbolo di ospitalità, delle case della città vecchia, e poi Agra dove apprezziamo l’imponenza del Taj Mahal, il celebre monumento costruito anticamente dall’imperatore in memoria della moglie, riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Si continua attraverso Gwalior, dove nell’aria si respira ancora la suggestione di quello che doveva essere l’antico forte, e Khajuraho con i suoi i templi di arenaria, per poi disperderci tra le strade di Orcha, nel mercato, fra la gente e sentirci parte della loro quotidianità, della loro vita.
Infine Varanasi, la più sacra delle città sante dell’India, il cuore dell’Induismo, detta “Città Eterna” perchè dimora del Dio Shiva, è il luogo delle purificazioni nel Gange, dove l’atmosfera è densa di una spiritualità penetrante che trasuda dalle immagini e dai racconti dell’autore. Claudia Donati 28.03.08
2008: La fotografia è DONNA
Come da tradizione anche per quest’anno il mese di marzo si è tinto di rosa con la serata fotografica del 7 marzo dedicata alla donna.
La novità è stata la partecipazione alla serata della giovane fotografa Raffaella Zurlo, già ospite del Circolo nel 2006, con un lavoro intitolato “Radici”.
L’autrice con questo lavoro cerca di conoscere a fondo se stessa, le proprie radici culturali, i sentimenti, le ragioni della vita, ispirandosi al mondo degli alberi, attraverso uno strumento che conosce bene: la macchina fotografica, mezzo con cui riesce a trasporre su carta le sue emozioni.
Lei con questi scatti non ricerca tanto “l’immagine”, perfetta dal punto di vista tecnico, ma vuota di significati, quanto riuscire a scoprire se stessa partendo dalla terra, dalle fronde e dalle radici degli alberi, scovare le proprie emozioni per trasmetterle agli altri con un lavoro omogeneo, complesso e affascinante.
Otre alle belle immagini lo spettacolo è stato quello di Raffaella, una ragazza piena di entusiasmo per la vita e passione, quasi maniacale, per la fotografia. Infatti, lei cura ogni singola immagine, dalla nascita dell’idea nella sua testa, alla maturazione di un proprio progetto fotografico che sfocia nella stampa 6×6 in bianco nero che esegue personalmente, come può fare un artigiano o un artista con la sua opera.
Vedremo in seguito quale altri progetti realizzerà questa ragazza in piena evoluzione dal punto di vista artistico e creativo, la sua intenzione è quella di provare anche un filone più grafico dell’immagine.
Grande soddisfazione ci hanno dato anche le socie del nostro circolo che nella stessa serata hanno esposto alcune fotografie rappresentative del loro lavoro.
Tra loro vecchie e nuove conoscenze, tutte accomunate da una spiccata sensibilità nella composizione dell’immagine e dalla gran varietà di soggetti e temi; dal ritratto, alla foto naturalistica.
Hanno esposto Giulia Montigiani e Cristiana Tozzi, allieve dell’ultimo Corso di Fotografia, che nonostante l’iniziale timore, hanno partecipato alla serata dando il loro contributo e dimostrando di riuscire già a mettere a frutto i recenti insegnamenti indirizzati verso un cammino personale in fase di maturazione.
Si sono anche visti i frutti di chi già da tempo frequenta il circolo e riesce a sviluppare un proprio progetto con uno stile personale e moderno: mi riferisco ai lavori di Francesca Bigazzi, Sonia Brogi, Claudia Donati e Paola Tommencioni, che con temi tra loro molto distinti ben rappresentano la varietà del mondo femminile anche in tema di fotografia.
Termino con un ringraziamento a tutte le autrici, in attesa dell’appuntamento del prossimo anno. Claudia Sarri (rappresentante del Gruppo Femminile)
Light painting night
Una coppia vincente quella di Massimiliano Agostini e Alessio Rossi, che stasera ci presentano una rivisitazione del tema dell’abbandono sotto una nuova veste, attraverso la tecnica del light painting.
Una serie di stampe a colori di eccellente qualità, delle vere e proprie pitture di luce, che ci accompagnano all’interno di una cascina abbandonata; fotografie fatte nelle notti d’inverno in condizioni di semioscurità, con la macchina montata su cavalletto, impostando tempi lunghi e spennellando il soggetto con una torcia.
Un risultato di vero impatto visivo: la facciata esterna, poi l’ingresso ed infine l’interno dove gli oggetti sedimentati là tra polvere e ragnatele, avvolti in un alone di morbida luce, emergono dallo sfondo scuro che talvolta induce nell’osservatore un senso di inquietudine e mistero.
La serata si è poi evoluta in una dimostrazione in sala della tecnica impiegata, che può essere usata semplicemente sia per composizioni still life, sia per creare simpatici effetti come una sorta di esposizione multipla; inoltre utilizzando filtri colorati di fronte alla fonte luminosa si può dare libero sfogo alla fantasia creando effetti e composizioni di ogni genere.
La particolarità di questo metodo è l’unicità di ogni singola fotografia, perchè la mano che dipinge il soggetto di luce non lo illuminerà mai con la stessa intensità e durata di un lampo flash! Claudia Donati 14.03.08